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RICORDI
Quattro episodi
Umberto Mariani sul  libro "Giocavamo alla guerra" - Memorie di giovani monzesi


AIUTO A UN EBREO

Carlo Cella e Giorgio Finzi

1941 - Giorgio Finzi (a destra) al rifugio Prudenzini con Carlo Cella

Nel 1944, mio fratello Franco era impiegato presso il Cappellificio Vezzani ed era alle dipendenze del dott. Finzi, commercialista e traduttore.
A metà mattina di un giorno di febbraio, che non ricordo, era stato mandato dal dott. Finzi presso la sua abitazione in piazza XXV Aprile a ritirare un grosso plico. Mentre usciva dalla casa incrociava i militi della Guardia Nazionale Repubblicana fascista che erano venuti ad arrestare il dott. Finzi, che aveva la sola colpa di essere ebreo. Mio fratello con la bicicletta correva al cappellificio e il "dottore", come veniva chiamato da tutti in ditta, ricevuto il pacco scompariva. Più tardi si seppe che era riparato in Svizzera. (NDR in realtà Giorgio Finzi non riusci a "passare" in Svizzera e si rifugiò sotto falso nome in Valsesia. Vedasi anche la cartolina in Don Luigi Re e la Casa Alpina di Motta).
Ma chi lo aveva avvisato? Chi gli aveva fornito documenti falsi?
Esisteva anche a Monza una rete di gente che rischiava la vita per salvare quella degli altri. Per quello che mi hanno riferito, faceva capo al sig. Federico Dick senior, di origine tedesca, e al vice segretario e capo del personale del Comune di Monza, signor Alessandro Tentorio. Ricordare il coraggio di questi uomini, anche dopo sessant'anni, mi sembra doveroso.

VIA BOITO, AGOSTO 1944

Erano circa le 10 di un giorno d'agosto del 1944.
Uscivo in bicicletta da via Vivaldi sulla via Boito quando arriva un camion sul quale c'erano Otto militi della Guardia Repubblicana Fascista.
Improvvisamente si ferma all'incrocio con via Beethoven, allora ancora campagna, i militi scendono veloci, si appostano sulla siepe posta ad ovest del tram di allora (il Monza-Cantù) e si mettono a sparare centinaia di colpi con i mitra verso il campo di granoturco, in quel tempo molto folto ed alto.
Poi ripartivano senza effettuare nessun sopralluogo.
Incuriosito, verso sera, ho voluto indagare su questo episodio strano e pauroso.
Era successo che il comandante dei militari aveva visto due giovani fuggire veloci verso il campo di granoturco e giudicandoli almeno renitenti alla leva, reato che nel 1944 comportava la fucilazione, aveva ordinato la sparatoria e, convinto di averli uccisi, se n'era poi andato. Fortunatamente i due giovani, il Natale ed il Davide, si erano fortunatamente nascosti dietro la catasta di legna da ardere, approntata per l'inverno, mentre le lamiere che ricoprivano le pareti del rustico erano letteralmente perforate da decine di colpi.
Così sani e salvi rimasero alla macchia sino al 25 aprile 1945.

25 APRILE 1945

Si era notato nei giorni precedenti un certo movimento ma non si prevedeva così imminente il precipitare degli eventi.
Anch'io avevo osservato l'andirivieni nelle due villette site in via Boito 50-52 requisite alcuni mesi prima e prese a dimora da esponenti di rilievo della Repubblica di Salò: Pavolini e Barracu. Anche in città sorgevano altri problemi di requisizioni; tra questi il Liceo Zucchi di piazza Trento e Trieste, per cui anche la mia scuola serale Zucchi avrebbe dovuto trasferirsi presso il Collegio Bianconi di via Tomeamento; e però gli eventi del 25 aprile evitarono il trasferimento. Purtroppo altri lutti fimestarono il 25 aprile 1945.
Sul viale Cesare Battisti, all'angolo con via Cattaneo, dalla colonna di alcuni fascisti in fuga partirono colpi di mitra contro inermi cittadini fermi a discutere. Furono uccisi il sig. Greppi e l'amico sig. Grassi.
Questi fascisti manco si fermarono ma, forse per il famoso principio della Giustizia Distributiva, furono poi fermati a Dongo.

La resa dei tedeschi a Monza

Dopo l'otto settembre del 1943, i tedeschi avevano installato a Monza un nutrito distaccamento delle 5.5. nel quadrilatero fortificato di Piazza Citterio - Via Mosè Bianchi - Via Parini - Via T.Grossi - Viale Regina Margherita.
Il 26 aprile 1945 un gruppo di partigiani locali progettarono l'attacco a questa guarnigione di tedeschi ormai isolati.
Intervenne allora anche l'Arciprete di Monza Mons. Rigamonti che, tramite don Ferdinando Maggioni, allora Assistente all'Oratorio 5. Biagio di Monza, conduceva le trattative per la resa senza spargimento di sangue con il capo della guarnigione Leutnent Stauffenberg.
Il Comandante tedesco si era dichiarato nettamente contrario a cedere le armi ai partigiani italiani ed anzi aveva minacciato che, in caso di attacco, avrebbe dato ordine di sparare a vista su tutta Monza con i due carri armati Tigre siti all'interno del quadrilatero, con piazzola proprio su piazza Citterio.
La guarnigione tedesca si arrese infatti il 29 aprile 1945 alla colonna anglo-americana del Gen. Clark che il 1º maggio del 1945 tenne la sfilata della vittoria, durata oltre tre ore, all'autodromo del parco che venne letteralmente arato dalle migliaia di automezzi pesanti e carri armati, componenti la divisione corazzata.
In tribuna d'onore erano presenti anche parecchi italiani; io ero a pochi metri dal Gen. Clark e mi meravigliai parecchio perché non esisteva alcun apparato di sicurezza.

Umberto Mariani


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 28 giugno 2003